15 Maggio 2018

La bellezza del momento

A misura d’uomo
di Roberto Camurri

 

“Lo sa che da qualche parte la pianura finisce,
lo sa ma non gli sembra vero,
gli sembra che quella pianura, il giallo dei campi,
il verde del foraggio, il marrone della terra disossata,
sia tutto quello che ha, sia, in fin dei conti, quello che è.”

 

 

“Fuori prende di nuovo la bicicletta, decide di fare la strada più larga, passa lungo il canale fino alla bonifica, sulla salita si alza sui pedali e suda, pensa di non farcela, sente i muscoli fargli male e il fiato spezzarsi, sente fitte alle ginocchia, alle spalle, al collo, sente una fitta al fianco; quando è in cima si ferma e guarda Fabbrico dall’alto, guarda i colori che si allungano in basso, gli uccelli che volano in quel cielo, l’erba e i filari e i campi, l’acquedotto più in fondo e le case colorate tutte uguali, gli aironi in piedi in mezzo al canale; pensa che non si è pentito nemmeno per un secondo di essere tornato, strozza sul nascere un’emozione che gli sgorga in pancia e sembra intenzionata  a esplodere ovunque, pensa a quanto si senta sopraffatto, alla difficoltà di controllarsi, di tenersi, a cosa questo significhi, si accende una sigaretta, poi dà un colpo col piede e sente il vento sulla faccia mentre la discesa lo fa andare veloce, sente quel vento che gli asciuga le lacrime e ride.”
Ci sono lacrime in A misura d’uomo, romanzo d’esordio di Roberto Camurri per NN Editore, ma anche tante carezze, reali e immaginate, baci e abbracci.
È giovane l’autore emiliano e la sua freschezza si traduce in un’autentica malinconia insita e latente nei luoghi narrati. Il titolo può rimandare a quella dimensione spesso associata a determinati contesti urbani, a determinate realtà paesane tanto pittoresche quanto claustrali da suscitare una naturale urgenza di fuga. Ma forse ancor più rimanda a quello spettro di emozioni umane appartenenti al comune e al quotidiano.
C’è chi fugge, sì, ma per poi fare ritorno. Come Valerio. Accanto a lui, legate indissolubilmente, le vite di Davide, Anela, Luigi e Mario, insieme con quelle di altri personaggi, declinano il romanzo in racconti quasi di formazione dai titoli evocativi sentimenti e suggestioni.
Definita una lingua ipnotica “dalle pennellate rapide e materiche”, quella di Camurri dona corpo, convocando anche gli altri quattro sensi, al piccolo paese della Bassa Reggiana, Fabbrico, suo luogo natale in cui ambienta la storia.
In un tempo privo di ordine cronologico, tra analessi e prolessi, racconta di profumi, di colori, di suoni, di sapori.
Racconta di amicizie, amori, di fragilità, inquietudini, di partenze, di morte, di ritorni, di incidenti, di nascite e rinascite, di cicatrici fisiche e psicologiche.
Racconta di quando i pomeriggi sono perfetti, spensierati e privi di responsabilità; di quando “è un buon momento per piangere” e il sole è magnifico e inutile; di quando “il precipitare in un burrone sembra una nuova sicurezza” e di quando si vuole stare in un “equilibrio fragile”.
Racconta di quando si avverte la durezza dei sassi sotto i piedi; di quando la polvere si posa sulla mente, alterando i pensieri e le percezioni; di quando l’asfalto rovente dell’autostrada è soffocante al pari di una vita forse troppo stretta; di quando il buio delle feste favorisce gli incontri; di quando la neve è una morbida e silenziosa coperta posata su struggenti ricordi.
Racconta di quando il ghiaccio galleggia in un bicchiere nell’attesa di confidenze e di quando è, invece, il lago a farsi ghiaccio; di quando il disgelo accenna alla primavera; di quando un cielo marchiato dalla striscia bianca di un aereo traghetta verso ricordi lontani e c’è profumo di “promesse che non devono essere mantenute per forza”.
Racconta di quando, in un “pomeriggio che profuma di rinascita, di cambio armadi e di maglioni piegati e nascosti in fondo ai cassetti”, l’abbraccio avvolgente dell’ombra di una quercia secolare scalda i cuori e di quando talvolta “il tempo delle parole è un tempo sbagliato” e il mare è quello “delle emozioni che scoppiano nella pancia”.
Cercare di trovare la bellezza insinuata dentro la routine del quotidiano, cercando di dare speranza, qualcosa cui aggrapparsi, alle persone che si disperavano, stanche di vivere giorni sempre uguali. Cercate il momento, aveva detto”, scrive Camurri.
A misura d’uomo è uno di quei momenti.

 

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