25 Dicembre 2016

Non più per voce_IV

 

Racconti-Non-piu-per-voce-4-451F

 

Affidati ai ricordi, sensazioni, eventi,
frammenti o pezzi di vita possono, talvolta, apparire ingannevoli.
Ma i ricordi debbono mediare con il tempo, con la memoria,
con personali emozioni, fili spezzati, tracce disperse.

 

~ IV ~

 

Una famiglia amica, con la nascita di Francesca, la primogenita a lungo attesa, ha vissuto il Natale più bello, perpetuando un evento che tale ricorrenza, appunto, celebra da duemila anni.
Un’altra famiglia, pure essa a noi molto vicina, nello stesso giorno ha perso un figlio giovanissimo. Aveva soltanto 33 anni. Il suo destino si è compiuto sull’asfalto. Nel nostro animo emozioni e sentimenti contrastanti.
Inizio e fine di una vita, eventi naturali, strettamente intrecciati e dissonanti: gioia, speranza, futuro e insopportabili lacerazioni, dolorosi e definitivi distacchi. Di quelle famiglie muteranno indubitabilmente tutti i Natali a venire, forse simili apparentemente, ma due volte festoso l’uno, struggente l’altro.
Recentemente ho letto un libro. “Racconti di Natale”, il suo titolo. È opera di alcuni dei migliori scrittori di ogni tempo sul tema del Natale. Oltre al classico “bianco Natale”,
afferma il curatore del volume, ne esistono di gialli, di neri, di rosa, di blu. Natali esilaranti e
Natali scioccanti, Natali che danno i brividi, Natali che mettono pace, Natali cinici, poetici, svagati, smagati, Natali inaspettati.
Inaspettato fu un Natale di tanto tempo fa.
Era il giorno della vigilia, fuori ormai il buio, in casa il calore, i profumi e le luci cari alla festa più bella dell’anno. Io ero seduta per terra, vicino al presepe. Bussarono alla porta. Era un uomo vestito di un leggero cappotto e con una grande valigia. Cercava la signora che da qualche tempo abitava dirimpetto a noi. In quel momento era fuori, forse per le ultime incombenze natalizie.
I miei genitori invitarono l’uomo ad entrare. Era visibilmente infreddolito e, mentre si riscaldava accanto alla stufa, disse di essere il figlio della signora. Era partito due anni prima per l’Argentina. Della sua decisione di ritornare non aveva informato la madre. Voleva farle una sorpresa, ma soltanto una fortunata casualità aveva permesso che questo avvenisse proprio in occasione del Natale. Raccontò del viaggio, lungo e faticoso. Parlavano a bassa voce, l’orecchio teso ai rumori esterni. Improvvisamente si udì una chiave girare nella toppa, l’uomo uscì, chiamò sua madre, la sorpresa e la gioia di lei furono una esclamazione soffocata. Poi un lungo silenzio. Immaginai stesse stringendo tra le braccia il regalo di Natale più bello.
Il mio Natale è la famiglia, è la casa. Il mio Natale è un grande albero, che un tempo addobbavo anche con dolciumi e candeline di cera, con ai piedi un grande presepe innevato di farina. Il mio Natale è attesa, preparativi. Il mio Natale è bianco con tanto freddo e tanta neve. Il mio Natale è la messa di mezzanotte, i canti solenni, il presepe in chiesa, voci festose a messa finita, saluti ed auguri, risa e passi ovattati verso casa.
Il mio Natale ha visto assenze farsi via via più numerose.

I. S.

 

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