11 Maggio 2016

Furiose Visioni

XXIX
Salone Internazionale del Libro. Torino
12 – 16 maggio

 

SaloneLibroTorinoVisioni

Mimmo Paladino
per il Salone Internazionale
del Libro. Torino

 

Tanti saranno i visionari. Evocati, celebrati e presenti. Il Salone del Libro di Torino (www.salonelibro.it), che da domani si terrà sino al 16 maggio al Lingotto Fiere, nella sua XXIX^ edizione titola, infatti, Visioni.
Quelle espresse dalla capacità di proiettare il proprio sguardo oltre il qui e adesso, verso quell’altrove, forse, impossibile e dove anche le sfide da affrontare e da vincere paiono impraticabili, e quelle manifeste dall’abilità progettuale fondante sul patrimonio letterario, artistico e filosofico. Una concreta capacità visionaria che nell’indispensabile saldatura tra cultura scientifica e umanistica svela l’identità culturale italiana.
Tra le numerose ricorrenze connotanti l’edizione 2016, i 400 anni dalla morte di Miguel de Cervantes e di Williams Shakespeare, i 100 anni dalla scomparsa di Guido Gozzano e quelli dalla nascita di Natalia Ginzburg, anche la celebrazione dei 500 anni dalla prima pubblicazione del visionario Orlando ariostesco, il poema cavalleresco considerato l’espressione più alta e perfetta dello spirito rinascimentale.

Il Furioso

Orlando FuriosoLe donne, i cavalieri, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese” canta Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso che segue quello Innamorato di Matteo Maria Boiardo, rimasto incompiuto in seguito alla morte dell’autore, sviluppandone le vicende. Un incessante lavoro di composizione, correzione e di lima portò a tre stesure, nel 1516, 1521 e nel 1532.
In un tempo e in uno spazio orizzontalmente labirintici, il cui principio è la guerra scoppiata a Parigi tra Saraceni e Cristiani, e in un dedalo di trame, di favole, in un coacervo di episodi tracciati e intrecciati con la tecnica dell’entrelacement, emergono nel Furioso l’amore, non corrisposto, del cavaliere cristiano Orlando per Angelica, principessa del Catai, e quello, sempre contrastato, tra il cavaliere saraceno Ruggero e Bradamante. Ma il poema è un profluvio di viaggi, peripezie, duelli, cavalieri, fate, maghi, mostri, sortilegi dove non mancano anche l’esperienza del cortigiano, del politico e il rapporto tra l’intellettuale e il potere, e dove l’immaginifica fantasia ariostesca cala i personaggi in un’atmosfera “favolosa” e irreale in cui irrompono lo strano e il meraviglioso, ancorché non si neghi mai una considerazione realistica sull’esistenza.

Ariosto osserva, commenta e narra con quell’ironia che tipizzerà la sua poetica e che gli permette una sorridente e divertita distanza attraverso il gioco delle molteplicità, dell’interruzione, della sospensione, dell’alternarsi di toni diversi per cui la commozione d’improvviso indulge nel sorriso e la giocosità nel drammatico. Gioco dell’avvicendamento nel quale risiede l’armonia della vita.

In questa erratica emotività tra orrore, odio, pietà, sdegno, ammirazione, gioia, domina, su tutto, oltre all’amicizia fedele sino alla morte, l’amore, movente di gran parte delle azioni del poema.
E quale è di pazzia segno più espresso che, per altri voler, perder se stesso?”
Amore non corrisposto che indurrà Orlando alla pazzia, alla furia, ma che, grazie al salvifico viaggio del guerriero Astolfo sulla Luna, depositaria di quanto l’uomo smarrisce sulla Terra, del tempo perso per le futilità materiali, recupererà il senno perduto, approdo ad una più consapevole visione del mondo e ad uno stato, seppur temporaneo, di rinnovata saggezza.
Amore anche come idolo, come oggetto di quella ricerca, vana, di qualcosa cui tutti i personaggi si abbandonano senza possibilità di soluzione. Il caso governa tutto e tutti e la vanità dei desideri induce ad errare errando.

 

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