24 Febbraio 2019

Fai cose semplici e muoviti sempre!

Passione
di e con Paolo Crepet

 

 

“Dicono che un fiume prima di gettarsi in mare prova un tremito di paura.
Si volta indietro e vede in un colpo d’occhio tutta la sua camminata:
i picchi,
le montagne,
il lungo cammino sinuoso attraverso la foresta,
i villaggi,
e vede davanti a sé un oceano tanto grande che entrarvi non rappresenta altro che scomparire per sempre.
Ma non c’è alternativa.
Il fiume non può più tornare indietro.
Deve rischiare ed entrare nell’oceano.
Ed è solo quando entra nell’oceano che la paura scompare, solo allora si rende conto che non si tratta di scomparire nell’oceano ma di diventare oceano: da un lato è scomparire, dall’altro è rinascere.
Così è la vita: non si può più tornare indietro, ma solamente andare avanti ed avere il coraggio di diventare oceano.”

Alle parole di Ibsen affida Paolo Crepet la prolusione della presentazione del suo ultimo saggio Passione (Mondadori) avvenuta alla libreria all’Arco di Reggio Emilia.
Un viaggio severo e immersivo che evidenzia come nell’epoca odierna in cui tutto è apparentemente fruibile e godibile – a discapito della profondità e a favore della passività – grazie ai social network e alle totalizzanti tecnologie digitali, anestetici delle capacità cognitive ed emotive, la passione sia culturalmente incompresa, vituperata, ignorata, dimenticata. “La passione è il motore della vita. Com’è possibile non esista più?”.

Crepet scandaglia tutte le accezioni della parola partendo dall’etimo, greco, pathos, sofferenza, e mostra come essa sia balsamo che trascende e che travolge, viatico di una vita stupefacente, libera e profonda espressione dello spirito che tutti, i giovani in primis, dovrebbero sperimentare oltreché gli adulti favorire.
Mostra l’importanza di affrancarsi dalla secolare tradizione che la vuole antitetica espressione della ragione. L’ambivalenza e il dualismo in cui regna il “caos”, come fonte di complessità, creatività e di ricchezza, consentono, infatti, la convivenza  di questi stati non più inconciliabili.
I giovani sono impigriti, lenti, bradipi all’interno di loculi tecnologici situati in masi chiusi, ma sempre iperconnessi e iperprotetti, complici (in)consapevoli genitori e insegnanti che per iperprotezione, asservimento, quieto vivere e semplificazione, assecondano l’iterazione di questo tenore comportamentale.

“Lo smartphone è uno straordinario maggiordomo. Cresci seduto in poltrona servito e riverito senza sapere nulla perché tutto è delegato. Quindi, cresci imbecille totale!”, con il rischio di giocare sempre più un ruolo passivo laddove l’intelligenza artificiale, assurta a concorrente, entrerà in conflitto con la parte residuale delle capacità umane.
“Ci hanno fregato con la comodità. La comodità in cambio della libertà. È una bestemmia!”.
Ma la passione è movimento d’animo, “moto perenne, agitazione di sentimenti contrastanti: amore e odio, gioia e patimento, concupiscenza, ira, vivacità dell’affetto, compassione, desiderio ardente, sentimento impetuoso, piacere sensoriale, sofferenza estrema”.
Potente e rivoluzionaria, la passione non prende scorciatoie. Rapisce. È emotiva (“Oggi le e mozioni sono rappresentate da della faccine ebeti, gli emoticon”).
La passione vera fa vivere, non sopravvivere. Porta a muoversi, a provarci: “A maledettamente provarci!”.
Passione è anche sapienza, studio, apprendimento, impegno e tenacia. È terapia, cura delle debolezze, del dolore, della perdita dell’intelletto, cura dell’anima, permettendo di prendere coscienza dei propri limiti e utilizzarli al meglio.
Crea identità solide in un mondo in cui regna il credo del riconoscimento ‘sociale’ con la sua ostentazione di intimità.

“Occorre silenzio perché l’anima possa entrare nell’immensità”, come quando si contempla estatici  La Resurrezione di Piero della Francesca: “Magnifico esempio di passione. Sono di fronte alla perfetta rappresentazione della passione umana. C’è la morte, la sofferenza, la natura che incombe e distrugge, ma anche l’estasi, il trionfo del bene del mondo di cui la maggior parte di noi non si accorge”.

Tocca molti campi lo psicologo e sociologo torinese nella sua analisi della passione dall’alba al tramonto dell’esistenza umana, da quello politico a quello artistico, da quello lavorativo a quello medico sino a lambire il fenomeno migratorio, rinvenendo latitanze e sopperendo con esempi ‘passionali’ di vita propria e altrui. Tante sono, infatti, le testimonianze della passione nelle cui declinazioni, si auspica, i ragazzi ravvisino una sorta di epifania.
Passione è cadere e rialzarsi. C’è dolore cui segue una resurrezione come insegna Salvatore Falzone.
Passione è quella secondo lo zio Agostino, celata dentro ad un krapfen farcito alla marmellata. Una passione dolce e amara: bellezza, seduzione, eleganza e quell’incedere sornione verso la morte “impacchettata” con la carta della pasticceria Colussi.
A volte la passione è semplice capacità di donare grazie inaspettate rimanendo fermi, facendo girare attorno memoria e curiosità. Perché la passione è generosa e non trattiene nulla per sé.
A volte può capitare che abbia la forma di un piccolo bombolone tiepido, ripieno di una sorpresa perfetta. A volte a un bambino basta poco per lanciarsi come uno Sputnik nell’universo della vita. Un odore, un sapore, un’immagine di bellezza e di eleganza”.
Passione è quella del soprano Lina Bruna Rasa, la cui storia è un’eloquente metafora della ragione e della follia, a conferma della convivenza nell’uomo di passione e di ragione in egual misura, come insegnavano Edgar Allan Poe e Franco Basaglia.

Passione è quella che si misura con i chilometri di immagini, parole e guerre del fotoreporter Romano Caproni spinto da questo sentimento in ogni angolo della terra.
Alla stanzialità psicologica dei più giovani Crepet contrappone la leggenda legata alla grande figura di Muhammed Alì esemplificata dalla locuzione Fai cose semplici e muoviti sempre.

Poi ecco i tre “campioni” di passione, tre differenti generazioni, tre suoi amici che, in virtù di ostinazione e testardaggine, hanno tenuto fede ai propri sogni di gioventù.
Passione è la tromba del jazzista Paolo Fresu: la trascrizione ossessiva per mesi di un assolo di Miles Davis per eguagliarne il suono; “la ricerca appassionata di un equilibrio fra la terra e il cielo, fra un pensiero terreno ed uno lirico, un rapporto tra pesante e leggero”. “Oggi ho una voce in più! Quella del suono”, la rappresentazione del suo essere.
Passione sono le creazioni sartoriali di Alessandro Michele, il fuoriclasse rivoluzionario del marchio Gucci: “un tappeto volante che ti solleva e ti porta anche sopra la morte”; l’immaginazione; il fascino e la curiosità del contatto tra la bellezza dell’apparire e quella dell’essere, tra l’esserci e il non esserci; l’allegoria della vita e della morte; la potenza della materialità, veicolo di suggestivi significati semantici “rivestiti” dai vestiti.
Passione sono le costruzioni di Renzo Piano, architetto di fama internazionale, “il figlio di un temporale”: uno sguardo nel buio, “perché spesso il lavoro creativo è una scommessa”; l’ideale di perfezione umana, sodalizio tra il bello e il buono; il misurarsi con qualcosa che non è lì, cercare Itaca, “Cerchi Itaca e non la trovi. Però la cerchi, e continui a cercarla. Perché quel che importa è il viaggio”.
Attraverso l’odierna pedagogia della paura il bambino cresce all’interno di una teca al riparo da dolore e consapevolezza della morte. “Ma la vita insegna la morte e la morte insegna la vita, rapporto imprescindibile per comprendere il senso dell’esistenza”, tuona Crepet.

Oggi si decretano distanze, si innalzano reti, muri, differenti da quelli su cui i segni della Street art, nell’atto deflagrante irriverenza e genialità, testimoniano un’altra declinazione di passione.
Si investe eccessivamente  in individualismo e paura del diverso. “Sapete a chi non piace la diversità? A chi non è mai riuscito ad esserlo. La diversità è una dichiarazione di guerra!”.

“Spesso, soprattutto in questi ultimi tempi, assistiamo a un imbarazzante braccio di ferro tra Paesi cosiddetti democratici, solo perché più privilegiati, e il popolo che fugge da miseria e sottomissione che quegli stessi Paesi hanno creato lontano dal proprio benessere. In mezzo, tra noi e loro, c’è un mare affollato di navi traboccanti di esseri umani, cacciati dai porti, dalla pietas, dalla commiserazione, dalla speranza. Eppure c’è più passione e più coraggio tra quei copri accatastati come settant’anni fa nei vagoni per i lager, che nelle stanze ministeriali dove si ordina cinicamente la mattanza.”

La passione rende persona e rende felici. Perché sempre si è alla ricerca della felicità.
I vostri figli crescendo devono diventare mangiatori di orizzonti” – conclude Crepet – . Perché i vostri figli sono Ulisse. E tutto il resto non conta niente. Finché hai le forze vai avanti, vai!
Come il fiume che va dentro l’oceano!
Questo è il senso della vita e non si torna indietro”.

 

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