23 Aprile 2019

Dal tramonto all’alba

Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza Da Volpedo a Burri
Palazzo dei Musei
Reggio Emilia
6 aprile 2019 – 14 luglio 2019

 

 

 

 

 

«Il vero, il finito altro non sono
che l’infinito…»

Antonio Fontanesi

 

 

Si è respirata la sua atmosfera artistica, udito il suo inquieto soffio poetico, immaginate le sue tele materiche, nel ciclo di conferenze “Aspettando Fontanesi”, svoltosi da gennaio a marzo.
Un’attesa prodroma alla grande, innovativa retrospettiva artistica e culturale che il 6 aprile ha inaugurato al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia e qui sino al 14 luglio.
“Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza Da Volpedo a Burri” documenta la storia di una resurrezione artistica donando luce e colore a quella frase confidata dal pittore reggiano ad un proprio allievo: “Felice l’artista che nasce dopo morto”.
Dagli ultimi anni, infatti, quelli che, alla IV Esposizione Nazionale di Torino nel 1880, videro stroncate dalla critica le sue Nubi – l’esito più ambizioso della sua arte – prende le mosse la mostra connotata dall’indagine “critica” del percorso di Antonio Fontanesi (Reggio Emilia, 1818 – Torino, 1882), evidenziando soprattutto il suo prezioso lascito.
Una riscoperta ed una celebrazione, a 201 anni dalla nascita, di un maestro della pittura dell’Ottocento italiano ed europeo attraverso il dialogo postumo della sua poetica con il Novecento artistico.
“Artista randagio” immerso nella ricerca e nell’introspezione, uomo irrequieto nella vita e nell’arte, straordinario interprete del paesaggio, Fontanesi fu tra i massimi, tra i più idealistici, tra i più tormentati maestri del Romanticismo italiano ed europeo. Ne è conferma l’influenza che esercitò sul Novecento rappresentando un ponte tra tradizione e modernità. Un’influenza e un’ispirazione sentite e tradotte da artisti che nella sua natura e nel suo paesaggio trovarono identificazione e riconosciute dalla critica che ravvisò suggestivi “tramandi” dell’esperienza romantica nell’arte degli anni Cinquanta e Sessanta.
E proprio quelle Nubi a fianco del busto realizzato da Leonardo Bistolfi raffigurante il Maestro, affinché venisse posto sullo scalone d’onore della Regia Accademia Albertina di Torino accanto alle affigi di altri maestri, ma che da sempre alloggia in una sala della segreteria, a Palazzo San Francesco accolgono il visitatore in un simbolico benvenuto.
Insieme con essi le principali opere protagoniste della Retrospettiva a lui dedicata nel 1901 nell’ambito della IV Esposizione Internazionale di Venezia, l’evento che sancì il primo, vero riconoscimento del pittore da parte di pubblico e critica: Il ponte, Il mattino, La quiete, Novembre, e la sua quasi speculare Solitudine, e tante altre.
Nelle cinque sezioni principali – L’ora più buia, 1880–1882, gli ultimi anni; L’alba di Fontanesi, 1901, Biennale di Venezia; La scienza del colore, 1892–1915, la riscoperta dei divisionisti; Numero, ordine, misura, 1922–1932, la rilettura di Carrà; Un’eredità romantica, 1952-1954, da Longhi ad Arcangeli – i suoi dipinti, provenienti da importanti musei e collezioni italiani, si mostrano confrontandosi e dialogando, così, con la cultura simbolista e divisionista di Vittore Grubicy, di Leonardo Bistolfi, di Giuseppe Pellizza da Volpedo, di Angelo Morbelli, di Carlo Carrà, di Felice Casorati, di Arturo Tosi. E conversano, altresì, con interessanti interpretazioni critiche da Roberto Longhi al giovane Francesco Arcangeli, il quale colloca Fontanesi nell’evoluzione di un naturalismo che nel dopoguerra arriva a Ennio Morlotti, Mattia Moreni, Pompilio Mandelli, sino ad Alberto Burri.
A impreziosire la mostra tre ricchi capitoli di approfondimento: il primo segue la biografia di Fontanesi in cui il racconto delle principali esposizioni traccia le tappe della sua rivalutazione critica; il secondo presenta il ciclo pittorico (oggi proprietà della Fondazione Manodori) realizzato tra il 1845 e il 1847 per il Caffè degli Svizzeri, luogo frequentato da patrioti e intellettuali progressisti; il terzo, infine, espone il capolavoro “A Parella”, appartenente alla collezione di Giuseppe Ricci Oddi, appassionato estimatore fontanesiano che nella omonima Galleria a Piacenza custodisce un importante nucleo di opere, visitabile contestualmente alla mostra di Palazzo dei Musei.

Curata da Virginia Bertone, Elisabetta Farioli e Claudio Spadoni, e promossa dai Musei civici di Reggio Emilia, in collaborazione con la Fondazione Torino Musei-Galleria d’arte moderna e la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, “Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza Da Volpedo a Burri” è realizzata in partenariato con la Regione Emilia-Romagna – Istituto per i Beni artistici culturali e naturali, la Fondazione Manodori, Destinazione Turistica Emilia, Unioncamere Emilia-Romagna, Camera di Commercio di Reggio Emilia, Apt Servizi, Ferrovie dello Stato e con il contributo Art Bonus di Iren, Car Server e Credem.

 

C’è l’Oriente di Davide Benati, c’è una nuvola sospesa di Paola De Pietri, c’è l’oro di Omar Galliani, ci sono i pigmenti e i profumi di Claudio Parmiggiani e c’è la luce di Fabrizio Plessi alla Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia dove proseguono i dialoghi artistici.
“Nati sotto lo stesso cielo” è un ulteriore omaggio ad Antonio Fontanesi. Una mostra, cinque conversazioni che altrettanti artisti locali intavolano, attraverso le proprie opere, con il maestro dell’Ottocento. Cinque riflessioni che riverberano le attrazioni, le suggestioni, i rimandi e il viaggio compiuto dall’arte fontanesiana sino ad oggi.
Alla Galleria Parmeggiani sino al 30 giugno.

 

Antonio Fontanesi, “Ingresso di un tempio in Giappone”, 1878 – 1880, preparazione a chiaroscuro su tela, 114 x 145 cm. Reggio Emilia, Musei Civici

Ennio Morlotti, “Paesaggio sul fiume (Adda)”, 1955, olio su tela, 55 x 80 cm. Parma Collezione Barilla di Arte Modern

 

Fotografia in testa all’articolo: Antonio Fontanesi, Novembre, 1864, olio su tela, 103 x 153 cm. Torino, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

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