19 Aprile 2017

Patti, contraddizioni e decadenze_Aprile

 

 

Notte. Addie bussa alla porta di Louis…
Torna Holt, la contea del Colorado nata dalla penna di Kent Haruf che tanti ha incantato.
Sua ultima opera dal sapore autobiografico e dedicata alla moglie Cathy, Le nostre anime nella notte (NN Editore) chiude idealmente, benché vi siano, come sottolineato dal traduttore Fabio Cremonesi, sostanziali differenze, la Trilogia della pianura (Benedizione, Canto della pianura e Crepuscolo) con una storia illuminata nuovamente dalla luce lirica e semplice della levità e della normalità. Una normalità che, tuttavia, può sorprendere e scandalizzare il pensiero provinciale benpensante quando due anime, pressoché sconosciute, decidono coraggiosamente di rischiare stringendo un patto al lucore delle stelle: quello di attraversare insieme la notte.

 «Anche a me piace tutto questo.
E allora parla con me, rispose lei.
Di qualcosa in particolare?
Qualcos’altro su di te.
Non ti sei ancora stancata?
Ancora no. Quando succederà, te lo farò sapere.
Fammici pensare. Lo sai che il cane è sul letto con Jamie?
Me l’aspettavo.
Te lo sporcherà tutto.
Lo laverò e adesso parla con me. Dimmi qualcosa che non ho ancora mai sentito.»


«Ma i pensieri, i pensieri arrivavano così, da soli, e più provavo a scacciarli più invece cominciavo a riviverli, sentendoli sulla mia pelle. “Devi ignorarli”, ed era con queste stesse parole che non riuscivo a farlo. Era come dire a qualcuno “Non pensare a un elefante rosa in bicicletta”: ovvio che non avrebbe fatto altro.
La voce meccanica del controllore fece scappare il mio elefante rosa sulla sua imbarazzante bicicletta e lo sostituì con la voglia di lasciarmi tutto alle spalle, insieme a quel treno.
»
Hana è un fiore che sta sbocciando, ha 14 anni e una vita perfetta sino a ché  il più incandescente  dei quattro elementi distrugge tutto. Il suo naturale tentativo di rifuggire quel mammifero su due ruote la porterà a 16 anni ad intraprendere un salvifico ed iniziatico percorso rivoluzionario della sua intera esistenza: ricordando con pace; tramutando il cinismo e la fragilità in ottimismo e serenità; assaporando “la sregolatezza delle emozioni”; spodestando l’egemonico “dovere” ed imparando ad apprezzare e gestire quel “fuoco di contraddizioni” – posto d’onore per l’amore – che infiamma l’essere.
Cos’è la giovinezza? La maturità? La libertà? E l’esperienza?
Le contraddizioni?
Opera prima della giovanissima Francesca Feruglio (coetanea di Hana), Un elefante rosa in bicicletta (Aliberti compagnia editoriale) è un romanzo di formazione che tenta di dare risposta a quesiti forse soggettivi affrontando quei “minimi massimi” ed eterni sistemi dell’adolescenza (e non solo).
« “Sì” rise con un po’ di compiacimento, “ma guarda che sta proprio nel saper tornare bambini il fondamento della vita adulta: sono le contraddizioni della vita”.»


Il Paese perduto
avrebbe dovuto intitolarsi il nuovo saggio di Giampaolo Pansa. Perché quello che racconta il protagonista, Paolo R., un giornalista ottantenne in pensione, a Carlotta B., la sua “spalla”, una ventunenne studentessa di lettere, figlia di un amico e sua interlocutrice nonché assistente nella stesura delle sue memorie, è la storia di un Paese che ha perduto se stesso, la propria identità, un Paese ridotto “ad una tendopoli abitata da esseri umani con ben poco in comune”. Pansa affida, così, a quel “vecchio signore ancora energico e talvolta bizzoso” – ovviamente il suo alter ego – la narrazione della storia italiana, dagli anni Quaranta sino ad oggi, filtrata dalle proprie esperienze e la ferale previsione dell’inquietante sorte di questo Paese decadente e alla deriva. I suoi spasmi agonici si scorgono osservando la famiglia, assistendo ai teatrini politici, a quelli esibizionistici, al fenomeno del bullismo, al ruolo totalizzante dei social media, a quello ossessivo del sesso, all’idioma di questa terra sempre più maltrattato e sempre più dimenticato.
L’ITALIA NON C’È PIÙ. Come eravamo, come siamo (Rizzoli) – “migliori, peggiori”, commenta il testo – è un memoir che vira in un pamphlet rivolto soprattutto a chi a quella fine, già nota per il giornalista piemontese, potrà presenziare. Privilegio non di tutti infatti: « (…) Ma al tempo stesso ammetto che non mi procura nessuna ansia. A difendersi esiste la mia età, uno scudo che mi aiuterà a non vedere i momenti peggiori del declino che immagino e temo.»

 

«Non è la mia autobiografia, è la vostra vita che racconto.
Come finiremo? Temo di saperlo. I partiti politici spariranno.
Si imporrà un governo di gelidi super tecnici o di militari, un affare per carabinieri e guardie di finanza.
Sono pessimista? Giudicherete voi.»
 [L’ITALIA NON C’È PIÙ – Come eravamo, come siamo.]
Giampaolo Pansa

 

 

Avvisi ai Naviganti