30 Novembre 2017

Apprendendo… si impara?

L’apprendista stregone
di Johann Wolfgang von Goethe

 

“Lo stregone, il vecchio mastro,
finalmente se n’è uscito!
E i suoi spiriti fedeli
seguiranno i miei voleri.

I suoi gesti e le parole
li ho imparati, e pure i riti,
con le forze di magia
posso fare anch’io prodigi.”

 

 

Favola illustrata, film, cartone animato, poema sinfonico.
È questa la declinazione a ritroso della ballata intitolata L’apprendista stregone che nel 1797 il poliedrico scrittore, poeta e drammaturgo, Johann Wolfgang von Goethe, compose.
La storia è nota: il giovane neofita delle arti magiche che approfittando dell’assenza del maestro, in un eccesso di sovrastima delle proprie capacità, si cimenta in un esperimento, ossia l’animazione di una scopa per farle svolgere i lavori in vece propria, ma che, poi, incapace di governarla, combina e “moltiplica” guai e danni sino al provvido ritorno del mastro Stregone.

“Lasciar fare
più non posso,
ma che ossesso!
Cresce ancora il mio terrore!
Ah, che sguardo, che espressione!

Oh creatura dell’inferno,
tutta casa vuoi allagare?
Oltrepassano le porte
corsi d’acqua da ogni dove.
Sei una scopa maledetta, che non vuole più ascoltare!
Eri un manico in passato,
al tuo posto devi stare!”

Trascorso un secolo, nel 1897, per mano del compositore francese Paul Dukas, la favola divenne il poema sinfonico “L’apprendista stregone. Scherzo tratto da una ballata di Goethe“, mentre nel 1940 Walt Disney, operando una “crasi” cinematografica e musicale delle due precedenti versioni (originale e sinfonica), vi dedicò l’omonimo capitolo nella sua policroma “Fantasia“, conducendola alla meritata notorietà.
Tante sono state negli anni le riletture, le trasposizioni, le reinterpretazioni su carta e su celluloide (con prequel e sequel annessi).
Il gatto se n’è nuovamente andato e il topo (iconograficamente non il Topolino dal cappello blu astronomico e dalla tunica rossa) è ancora intenzionato a ballare con la magia e con il ritmo delle rime.
Edito da Donzelli editore, L’Apprendista stregone, dunque, si manifesta oggi in tutta l’essenzialità, la purezza e la semplicità dell’opera prima, ma rinnovato nei volti e nei colori delle illustrazioni dell’argentino Fabian Negrin e in una nuova e brillante traduzione di Simona Santarelli, per lanciare un ecumenico messaggio, una morale atemporale. Quello che il genio goetheiano, autore di capolavori come I dolori del giovane Werther e Faust, ha inteso sottendere alle proprie parole: per quanto intraprendenti e desiderosi di libertà, mai dare principio a qualcosa laddove non vi sia la certezza di portarla a termine, la sicurezza di un esito positivo, arrecando danni, seppur per ingenua imperizia.

 

 

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